Cooperazione internazionale e trattamento delle emozioni legate al lutto
Dalla mia esperienza, costruita nel lavoro degli ultimi anni, ho potuto verificare quanto il rigore del setting, insegnatomi durante gli anni di formazione, come psicoterapeuta sistemico, relazionale e familiare, possa avere degli argini più flessibili e maggiormente adattabili al contesto del paziente. Durante una recente esperienza di lavoro, svoltasi in un villaggio guatemalteco, nell’agosto 2017, ho rafforzato questo convincimento, avendo dovuto richiedere a me stesso uno sforzo ulteriore nella pratica del mio lavoro come psicologo.
I miei interventi sono stati condizionati soprattutto dal tempo che avevo a disposizione e dall’inevitabile gap linguistico ed è inutile, in questa sede, soffermarmi su tutti quegli elementi ambientali e culturali che hanno comunque esercitato una pressione sulla modalità, solitamente utilizzata nei miei studi. In ogni caso, ritengo di essere riuscito con un certo successo a raggiungere dei piccoli/grandi risultati e questo principalmente grazie all’utilizzo della tecnica EMDR. In questa esperienza ho rafforzato l’idea dell’efficacia di questo metodo e della flessibilità di un intervento, determinato da tempi più brevi e prassi meno cognitive, più analogiche e rigorosamente concentrate sulla localizzazione e l’intensità delle emozioni percepite dal paziente e somatizzate nel proprio corpo.
Tendenzialmente mi sono concentrato sulle emozioni legate alla perdita, su questa intensità di dolore che a distanza di oltre un anno e mezzo dal lutto, vengono vissute dal soggetto con una carica molto forte e disturbante.
L’elaborazione del lutto è un processo abbastanza lento che si sviluppa in un arco di tempo variabile, condizionato dalle risorse personali e da fattori ambientali favorevoli a contrastare la vulnerabilità individuale e tendenzialmente entro i due anni dall’evento doloroso si dovrebbe registrare un sostanziale miglioramento dello stato psico-fisico del paziente.
Nei casi osservati, durante il mio soggiorno in Guatemala, ho notato un processo che in qualche modo stava cristallizzando le emozioni sottostanti e avrebbe continuato ad interferire in modo significativo con un sano processo di elaborazione e di ripresa della normalità di un quotidiano, in cui l’assenza della persona cara, seppur reale, trova una collocazione che non impedisce l’apertura alla vita.
Una ragazza, in lacrime racconta della morte della sorella … parole concitate, talvolta sussurrate tra i singhiozzi e delle quali colgo il senso generale della narrazione, ma giunge chiara la descrizione delle emozioni legate al momento peggiore del suo ricordo dell’evento. Partendo da questa immagine di dolore riesco ad intervenire grazie alle competenze acquisite con l’Emdr, concentrandomi proprio sulla localizzazione emotiva di questo nefasto carico emotivo … durante il lavoro si abbandona al trattamento e quel suo cuore descritto come compresso da una gabbia di morte e di dolore si espande lentamente per essere definito come un fiore che sboccia … la tristezza che lo attanagliava viene soppiantata da una forma di serenità, quasi una felicità che si irradia dal cuore in ogni parte del suo corpo, riaffiorando alla memoria i momenti felici trascorsi insieme.
Attraverso l’EMDR non è stata praticata alcuna magica risoluzione del lutto ma si è sospinto un processo di elaborazione della perdita, che in qualche modo si era arenato condizionando la qualità della vita della paziente. Sono giunto alla conclusione che una sostanziale differenza dei pazienti guatemaltechi da quelli incontrati in Italia risieda nella presenza di minori sovrastrutture e di un abbandono totale alle pratiche adottate che ai loro occhi, direi quasi che apparissero più sciamaniche che psicologiche e questo ha rappresentato la rapida risposta registrata durante e dopo il trattamento.
Altri esempi potrebbero essere citati ma certamente non aggiungerebbero molto di più ad un’efficacia di intervento direi quasi a seduta singola considerando che in un processo adeguatamente strutturato, ossia una presa in carico psicoterapeutica, ci sarebbe stata la possibilità di proseguire il lavoro e consolidare di volta in volta i risultati raggiunti, accompagnando il paziente verso una sana elaborazione del lutto, individuando in seguito e in modo più esaustivo gli obiettivi necessari a raggiungere un proprio benessere. Ciononostante si ritiene un successo aver sbloccato un processo che imprigionava un vissuto altamente disturbante e condizionante, come un’ambra che rende visibile al suo interno l’insetto accidentalmente catturato dalla resina e che è lì immobile e immutabile a ricordare ciò che non è più e non potrà più essere.
Dott. Carlo E. Livraghi
Psicologo Psicoterapeuta e Psicoterapeuta emdr