Il Mito: potere evocativo e potenza terapeutica nel processo di guarigione

Dott. Livraghi - Psicologo e Psicoterapeuta Arezzo

Il Mito: potere evocativo e potenza terapeutica nel processo di guarigione

processo di guarigione

Dalla sua etimologia il termine mithos rinvia al discorso, alla parola, alla favola, alla leggenda e si contrappone al termine logos riferibile all’enunciazione dei fatti razionali e dimostrabili. Vittorio Cigoli sottolinea che nonostante la determinante importanza del mito all’interno di società fondate nella tradizione orale, esso gioca un ruolo molto importante anche in quelle organizzazioni costituite sul pensiero filosofico scientifico. Per Mario Trevi il mito è qualcosa di obiettivato, qualcosa che è divenuto autonomo che parla da sé. Qualcosa a cui non si rende giustizia con interpretazioni, spiegazioni, bensì tenendolo presente e lasciando che pronunci da sé il proprio senso. L’origine leggendaria o storica del mito non esaurisce la sua potenza attuale; esso si colloca in uno spazio ed in un tempo lontano al sicuro da immediate proiezioni personali, che potrebbero essere percepite come minacciose per l’ascoltatore.Come in tutte le storie leggendarie e in tutte le favole tradizionali, un tempo e un luogo riferiti in modo così imprecisato, utilizzando la formula rituale, C’era una volta in un regno lontano… ma il significato metaforico di ogni racconto si oggettivizza nel singolo ascoltatore e come i cerchi concentrici che si propagano nello stagno a seguito dell’impatto con un sasso, esso diffonde il suo movimento…

Personalmente trovo la metafora molto funzionale al processo terapeutico, in modo particolare in alcune situazioni, quando l’attenzione è minacciata dalla concentrazione sugli aspetti fenomenologici del vivere e le difese razionali rischiano di indebolire il processo terapeutico e pertanto il ricorso al mondo metaforico favorisce uno stato d’animo più puro e avulso da inutili condizionamenti razionali. Per lungo tempo la concezione tradizionale della metafora era basata sulla teoria della sostituzione, di origine aristotelica, per la quale il termine metaforico si sostituisce a quello letterale, adombrandone il significato e il suo scopo, era di natura retorica funzionando essenzialmente come un orpello del discorso. A questa visione si contrappone, nel corso della storia, la concezione romantica che a partire da Vico giunge a Nietzche considerando la metafora come la figura delle figure, in quanto il parlare in sé è un discorso che rinvia automaticamente a delle immagini, pertanto la sua natura è di tipo figurato5. Da questi assunti di base nasce una nuova concezione della metafora che si è sviluppata negli ultimi anni, ossia quella della sua interazione con i termini che compongono la cornice entro la quale essa stessa si ascrive. Per Lotman, la metafora assolve ad un compito importante, funge da punto di congiunzione, interfaccia tra due lingue, quella attraverso la quale si esprime il pensiero razionale e il linguaggio simbolico, analogico dell’immaginazione e dell’affettività.

Sulla base di queste premesse e considerando il potere evocativo della metafora, il suo impiego in ambito terapeutico è largamente riconosciuto in molti modelli di psicoterapia proprio perché attraverso il suo accesso al mondo simbolico, non censurato dal razionale, rende il paziente in grado di raccontare molto più di quanto si è deliberatamente consapevoli di condividere. Nella prassi sistemica accade frequentemente che una storia apparentemente distante dal problema presentato possa restituire, la sua attualità al sistema, i cui membri sono al contempo discendenti, testimoni e personaggi. Infatti ricorrere all’analisi delle dinamiche relazionali delle generazioni precedenti, ossia la storia trigenerazionale della famiglia, induce a riconoscere meglio le assonanze ereditarie che nel qui ed ora persistono, trovando al tempo stesso un’appartenenza e una nuova consapevolezza che aiuta a promuovere un cambiamento funzionale.

Talvolta risulta molto utile chiedere ad una coppia o a una famiglia di traslare i membri del proprio sistema in personaggi immaginari confrontando e analizzandone l’impatto evocativo che si determina e proponendo di fantasticare sulle migliori azioni atte a redimere o modificare l’interazione tra le parti che metaforicamente sono state enunciate. In alcune circostanze, direi più fortunate sia per il terapeuta e sia per il paziente, si può assistere al naturale manifestarsi di un linguaggio metaforico, questa è sicuramente un’occasione preziosa, perché nasce indipendentemente da stimoli esterni e pertanto è pregnante di significato ed estremamente funzionale al percorso che conduce verso la guarigione. Pertanto appare oltremodo essenziale non tralasciare queste metafore che in modo esplicito e spontaneo vengono offerte dal paziente, perché più vere e significative per colui che le evoca.

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