La coppia trigenerazionale: tra aspettative e realtà

Dott. Livraghi - Psicologo e Psicoterapeuta Arezzo

La coppia trigenerazionale: tra aspettative e realtà

La coppia trigenerazionale

Oggi parlare di coppie non può, a mio avviso, prescindere da un marcato riferimento al modello culturale che negli ultimi decenni è vorticosamente mutato; d’altronde nella pratica psicoterapica sistemica la valutazione del presente si determina anche attraverso l’analisi trigenerazionale che riconduce al modello familiare introiettato da ogni coppia.

In termini più semplici, ogni coppia si costruisce anche sulla base del proprio modello di riferimento, ossia imita o cerca di discostarsi da ciò che l’unione dei propri genitori ha trasmesso sia in modo esplicito, attraverso dichiarazioni di ciò che è giusto o sbagliato nel comportamento di una moglie o di un marito, sia soprattutto in modo implicito, intendendo con ciò tutto quello che ha rappresentato una parte integrante della quotidianità della coppia. Mi riferisco a tutti quegli esempi comportamentali osservati o energie di non detti, che superando i confini censurabili del razionale, hanno costituito il patrimonio ideale o temuto dei figli; i quali come ignari personaggi e spettatori della propria storia familiare si sono inconsapevolmente esposti ad esperienze, identificative e non, che rappresenteranno quel substrato di attese, modalità di relazione e paure che orienteranno nei rapporti futuri.

Considerando che ogni essere umano è unico e irripetibile, nel processo psicoterapeutico si individuano una serie di schemi e tappe che, con le dovute originalità, si ripresentano nelle nuove generazioni.

Bisogna considerare che ogni coppia, dalla sua costituzione al suo evolversi nel tempo attraversa delle fasi comuni. La prima è rappresentata dall’innamoramento, durante il quale l’altro è vissuto come un essere pressappoco perfetto. In questo primo periodo, della loro storia, i partners sottoscrivono un primo contratto che è guidato dall’illusione che l’altro soddisferà tutti i propri bisogni1. Infatti non esiste perfezione nell’essere umano, ma solo il desiderio1 di apparire tale e di leggere queste caratteristiche di parte completante nel partner ed è proprio per questo chiaro distacco dal reale che è stato definito e indicato come un contratto fraudolento.

È un contratto basato non su elementi dichiarati esplicitamente ma anche e soprattutto fondato su aspettative inconsapevoli e irrazionali; si è soliti utilizzare l’immagine dell’ iceberg, dove solo la piccola parte emersa rappresenta gli aspetti razionali e consapevoli mentre la zona più ingombrante, ossia la parte sommersa, identifica gli elementi inconsapevoli e irrazionali. 2Bowen (1979) articola il concetto di “contratto fraudolento”, in cui ognuno dei contraenti, sula scia dell’innamoramento, coglie l’immagine dei bisogni profondi dell’altro e agisce come se proprio lui dovesse essere quello che li soddisferà, pur essendo realisticamente impossibile, per entrambi i contraenti, rispettare questo accordo.

In un tempo relativamente breve, infatti la fase dell’innamoramento può protrarsi da alcune settimane, a qualche mese, ma solitamente non oltre un anno e mezzo ed è a questo punto che la realtà restituirà una dimensione più vera e la conseguente delusione per la mancata soddisfazione di tutti i propri bisogni; qualora i protagonisti siano in possesso delle risorse necessarie, si avvierà un processo di rinegoziazione degli elementi unificanti la coppia e si parlerà di un secondo contratto. Ricordiamo che ancora una volta, questi elementi non sono solo di natura consapevole ed esplicita, come del resto nel primo contratto, ma certamente non sono guidati dalla pura illusione. Sarà proprio accettando la dimensione umana dell’altro che si potranno gettare le basi per un rapporto più sano e maturo, ridefinendo i parametri e le attese del proprio rapporto, che nel tempo dovrà comunque sempre essere in grado di rinnovarsi e riadattarsi ai nuovi bisogni, i quali emergeranno in relazione agli eventi che faranno da cornice alla realtà personale e familiare che muteranno durante il ciclo vitale della coppia.

Sulla base di queste premesse le coppie di oggi a differenza di quelle costituitesi ad esempio negli anni ’30/40, che pressappoco rappresentano la generazione dei nonni delle attuali coppie di quarantenni e cinquantenni, hanno molte più aspettative di appagamento dei propri bisogni, sia rispetto ai propri nonni che rispetto ai propri genitori.

Soltanto come spunto di riflessione ed evitando di analizzare in modo esaustivo tutte le dinamiche relazionali potremmo indicare l’origine della crisi della famiglia e conseguentemente della coppia, a cui oggi si assiste ancora più spesso che in passato, come strettamente legata alla differenza esistente tra la sfera del desiderio e la realtà vissuta, ossia primo contratto e capacità di rinegoziare. In ogni caso, a mio avviso, è molto importante sottolineare il rapporto tra il modello introiettato dalle generazioni precedenti e i cambiamenti sociali intervenuti, abbastanza lentamente dal dopoguerra agli anni ’60 e in modo più marcato e repentino dagli anni ’70 in poi.

Le coppie della prima generazione, all’interno di una cultura prebellica e post bellica erano state educate ad una supremazia maschile, almeno in apparenza3 e i valori di una buona unione potevano concretizzarsi in una netta distinzione dei ruoli. Queste unioni matrimoniali si costruivano all’interno di confini molto rigidi e sulla base dell’indissolubilità, la donna doveva garantire fedeltà, dedizione verso il marito, abilità nella gestione dell’economia domestica e nella cura educativa dei figli, mentre l’uomo si impegnava nel lavoro tanto da assicurare protezione e stabilità economica.         Intendendo che le mogli erano educate a un totale rispetto verso il marito, anche se spesso, molte di loro avevano adottato adeguate strategie per indurre il coniuge, spesso inconsapevole, a praticare scelte da loro condivise.

Una riflessione sulla fedeltà coniugale dei mariti appare doverosa, infatti la donna doveva assolutamente attenersi a tale valore a differenza del coniuge a cui era consentito riversare le proprie pulsioni in qualche scappatella extraconiugale, verso la quale la consorte doveva chiudere un occhio o entrambi.

Questi coniugi avevano delle aspettative molto chiare l’uno verso l’altra e lo scopo di entrambi era da intendersi più sulla base dell’accudimento e della procreazione. Generalmente entrambi non aspiravano ad una vera comprensione reciproca e molti bisogni, non solo non erano espressi, ma spesso non erano neppure riconosciuti.

Bisogna anche tener presente che le famiglie di origine esercitavano uno stretto controllo e una grande influenza anche in quei rari casi, in cui la coppia non conviveva con alcuni membri della famiglia di origine e questo anche a discapito di un’eventuale intimità del nucleo di ultima generazione. Si pensi ad esempio quanto la donna fosse più pressata nell’aderire ad un copione poco dissimile da quello delle generazioni precedenti e quindi quanto fosse inibita ad aspirare e a ricercare anche una realizzazione al di fuori dei suoi doveri familiari senza il consenso del marito e/o delle famiglie di origine.

In realtà la società del tempo, era unita da una macrocultura caratterizzata da un’insieme di valori, credenze e opinioni, condivise all’interno della microcultura familiare, e che era rimasta molto stabile nel tempo e per diverse generazioni.

La maggior parte di queste donne ormai considerate mature per l’epoca, assistono con curiosa e apparente passività ai modelli proposti sempre più frequentemente dal cinema americano, che si diffonde nelle sale cinematografiche e successivamente dalle prime trasmissioni televisive.

La seconda generazione
La seconda generazione

La seconda generazione partecipe o spettatrice dei sentimenti che sfoceranno nei movimenti femministi e di contestazione giovanile, adotteranno dei cambiamenti profondi nella propria vita, ma saranno ancora molto ancorati al modello precedente.

Quindi venivano giudicati indulgenti quei mariti che avevano accettato, non senza lamentele le assenze della moglie, impegnata sempre più fuori casa, ma tendenzialmente non si verificò un vero interscambio dei ruoli e la donna faticò a proseguire il cammino della sua semirealizzazione4 professionale per conciliare la sua sfera professionale con le mansioni domestiche di moglie e di madre, che in tutti i casi erano prioritarie.

Qui l’esigenze dei coniugi sono maggiormente rivendicate ed espresse, la donna ha conquistato un’apparente approvazione sociale per riconoscere e dichiarare i propri bisogni, incontrando sempre più consensi.

La donna assiste con trasporto, durante la propria giovinezza, alle nuove proposte di un modello femminile e di un ruolo completamente differente da quello delle loro madri e tanto meno delle loro nonne; sono donne che studiano o lavorano per rivendicare la loro emancipazione spesso scontrandosi con le resistenze paterne, ma godendo frequentemente dell’appoggio di una madre comprensiva che, intercedendo presso i propri mariti con estrema abilità, riscattava se stessa attraverso il tentativo di realizzazione dei sogni delle proprie figlie.

un altro elemento di emancipazione da tener presente, è rappresentato dal frequente fenomeno dell’immigrazione che favorì il confronto con nuove realtà e modelli sociali, oltre al diffondersi di quella finestra sul mondo che la TV produsse, dagli anni ’60 in poi e che anno dopo anno si arricchì di programmi e personaggi, talvolta giudicabili abbastanza trasgressivi dalla generazione precedente5. Sono le donne di questa generazione che negli anni ’70, durante le loro vacanze al mare sostituiranno il casto costume intero sfoggiando un costume a due pezzi senza essere tacciate di licenziosità.   Ho utilizzato l’accezione di semirealizzazione lavorativa riferendomi, in termini alquanto generici e salvo eccezioni, alla cultura dominante che ancora fino agli anni ’80, pur riconoscendo il ruolo della donna nella società, persevera nel subordinare la sua realizzazione professionale a quella familiare; processo, a mio avviso, ancora in atto e non totalmente concluso.

La terza generazione

La terza generazione patisce dei cambiamenti sociali e culturali che vorticosamente hanno investito i modelli del maschile e del femminile e che inevitabilmente si ripercuotono sulla coppia6. I coniugi di oggi, rispetto alla generazione precedente, hanno generalmente una minore capacità a sostenere la frustrazione, cresciuti entrambi molto spesso in un clima di maggiore libertà e tolleranza, in un benessere economico che ha consentito più che privato, riscattando dalle rinunce subite dai propri genitori, pur riconoscendo, almeno in parte, il privilegio e la differenza con la generazione genitoriale.

L’uomo ha perso il suo ruolo, la parità dei sessi lo vede oggi indebolito da un punto di vista emotivo, talvolta schiacciato da una competenza femminile che si evidenzia sia sulla sfera lavorativa che su quella privata. La donna con maggiore convinzione rivendica le proprie necessità e i propri spazi, o sarebbe più opportuno dire che si appropria di tutto ciò che nelle trascorse generazioni le era stato negato.      

Può essere interessante e suggestivo riflettere su alcune propagande pubblicitarie, dove l’uomo appare spogliato della sua corazza di virilità, certamente alla ricerca di una nuova identità per proporsi frequentemente con caratteristiche un tempo prettamente femminili; al contempo permangono proposte sessiste spesso lesive nei riguardi della donna. Direi che l’immaginario collettivo esaspera e implementa l’attuale confusione dei ruoli.

Oggi si assiste ad una ricerca di soddisfazione crescente, entrambi i partners si attendono molto di più l’uno dall’altra e soprattutto sono meno inclini ad una mediazione dei reciproci bisogni. L’uomo nel vano tentativo di sentirsi riconosciuto e profondamente rispettato e la donna nel timore di essere soverchiata come nel passato.

Tendenzialmente le aspirazioni di entrambi non albergano nella realizzazione di una famiglia unita, se questo richiede troppe rinunce e faticose battaglie e questo si evidenzia come base dell’abbandono di una vita a due. Generalizzando, il benessere personale è spesso anteposto a quello di una serenità familiare come, invece accadeva in passato; frequentemente le energie dei coniugi sono rivolte all’esterno, ricercando all’interno della coppia una magica comprensione e risoluzione dei dissensi. Tuttavia seppur faticosamente, molte coppie hanno trovato un nuovo equilibrio, riuscendo a conciliare aspettative personali e realtà. In ogni caso questo successo è stato reso possibile sia attraverso un’adeguata mediazione interna a se stessi e alla diade, sia affinando la propria capacità di risoluzione dei conflitti, accorgendosi che questo rappresenta un’occasione di crescita e di evoluzione per il singolo e per l’unione coniugale.

A tale riguardo è utile ricordare che la conflittualità presente in ogni relazione significativa e che è animata da bisogni contrastanti è sempre un’occasione di crescita per entrambi i protagonisti, ma solo se questi abbandonano l’idea di uno scontro che deve determinare un vincitore e un perdente. Al contrario è necessario definire i bisogni reciproci e proporre soluzioni alternative e accettabili per entrambi e una volta identificata la soluzione migliore e condivisa avviare un piano di attuazione, metodo senza perdenti.

La quarta generazione che si sta affacciando alla vita a due, in un momento storico alquanto complesso e variegato, caratterizzato da un acuirsi della crisi dei valori tradizionali, dall’incertezza dei ruoli e dei costumi sociali e fondamentalmente da una crescente precarietà del futuro. In questo delicato periodo in cui nonostante le ottimistiche previsioni e le illusorie letture, esclusivamente frutto di una propaganda politico-economica che oramai non riesce più a celare totalmente la realtà e soprattutto il vissuto di ogni singolo e di ogni famiglia, la coppia è travolta dalla profonda crisi economica che non determina solo l’arenarsi dei propri sogni ma contribuisce anche al naufragio di molte relazioni.

Avevamo già assistito nella terza generazione al procrastinare le scelte di una vita a due o di un allargamento della propria famiglia e si è pertanto testimoni non soltanto del calo delle nascite ma anche del dilagare di problematiche legate alla fertilità di coppia. Questi elementi sociali ed economici che hanno già condizionato in passato molte scelte importanti della vita, continuano esasperatamente a contagiare, in modo significativo la quarta generazione. Inoltre, considerando che i genitori di queste coppie, hanno spesso compensato le proprie assenze8 con concessioni materiali, eliminando l’attesa per l’oggetto desiderato e molto spesso anticipandone i bisogni, si assiste ad una più marcata difficoltà a tollerare la frustrazione9 e le aspettative personali, riversate sul proprio partner, sono estremamente molto più alte.            

Intendendo con ciò l’assenza fisica di entrambi i genitori, in quanto troppo spesso impegnati in lavori fuori casa e per lungo tempo.              

Considerando anche che dagli anni 70 in poi si è maggiormente diffuso uno stile educativo di tipo affettivo e permissivo.

La vera risorsa può essere rappresentata dalla facilità di accesso ad un percorso di psicoterapia, che oggigiorno, molto più che nel passato, è intesa in termini più positivi e costruttivi. La figura dello psicoterapeuta anche se per molti è soltanto una speranza in casi di estrema necessità, può invece rappresentare quella chiave di volta utile alla coppia per contrastare o prevenire tutte queste componenti e proiettarla verso un sereno e duraturo futuro, rinforzando il loro legame nel tempo e massimizzando le risorse individuali e di coppia. È un’opportunità che si spera molti sappiano cogliere, sia privatamente e sia con strade alternative, lavorando più su un’ottica di prevenzione piuttosto che di cura.

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