Per un pugno di mosche? Interventi terapeutici a seduta singola, brevi ma efficaci…

Dott. Livraghi - Psicologo e Psicoterapeuta Arezzo

Per un pugno di mosche? Interventi terapeutici a seduta singola, brevi ma efficaci…

Interventi terapeutici a seduta singola

Buonasera Dottore, lei non mi conosce ma una sua ex paziente mi ha parlato di lei e vorrei fissare un appuntamento … si tratta di un problema di relazione tra mio marito e nostro figlio…

Il giorno stabilito Maria si presenta su mia richiesta accompagnata dal marito, il quale aveva manifestato non poche resistenze sia per l’iniziativa intrapresa e sia per la spesa che in termini economici questa rischiava di comportare…infatti, come mi fu riferito durante l’incontro, il signor Bruno aveva perso il lavoro da alcuni mesi e al momento si adattava con piccoli lavoretti saltuari…Raccolgo alcuni dati generali e ricostruisco la situazione che sollecitava le preoccupazioni di Maria e della quale il marito se da una parte si dimostrava concorde con l’allarmismo della signora dall’altra tendeva a sminuire gli accadimenti e in apparenza a ridimensionare i vissuti intorno alle vicende riportate. Mi accorgo sin da subito che tale atteggiamento rappresentava una difesa al lavoro terapeutico e non per ultimo una resistenza al coinvolgimento di una figura qualificata chiamata a risolvere i loro problemi relazionali. Bruno nel suo percorso di crescita non aveva avuto esperienze di accudimento empatico e neppure un buon modello genitoriale a cui far riferimento, negli anni della sua infanzia e adolescenza, era un uomo cresciuto solo e soltanto grazie a Maria aveva conosciuto il valore di un legame. La sua insicurezza ad esercitare il proprio ruolo genitoriale, in modo competente e soprattutto partecipato, lo aveva indotto a delegare completamente ogni aspetto della relazione con il figlio alla moglie; la quale si dimostrava decisamente più adeguata, avendo fatto esperienza, come figlia, di un buon modello genitoriale, caratterizzato da un attaccamento sicuro e quindi da un forte legame di affetto e di rispetto con la proprie figure genitoriali.

Cristian unico figlio della coppia ha compiuto da poco 18 anni, ha ammesso di aver fumato marijuana e sta ripetendo il quarto anno presso l’istituto superiore che frequenta…con il padre non ha alcun tipo di relazione se non attraverso le parole e l’intercessione della madre che media, traduce e trasmette ogni informazione tra i due…Maria è capace, attenta, molto sensibile ed empatica, ma forse anche troppo ingombrante e probabilmente per compensazione troppo accudente…

Incontrando Cristian mi rendo conto della magica alchimia che nel ragazzo ha coniugato gli aspetti più caratterizzanti dei due genitori; risulta molto attento e profondo ed estremamente sensibile ma al contempo si dimostra titubante verso l’iniziativa terapeutica, introverso e schivo come il padre sembra si senta sminuito nelle sue competenze relazionali se aiutato da una figura esterna, ma forse leggendo l’imbarazzo del padre, cerca solo di proteggerlo… Mi rendo conto che probabilmente non avrò molte altre occasioni per rivederli e approfondire i vissuti emersi e gli agiti riportati, così lavoro in direzione di un’efficacia terapeutica utilizzando quell’unico incontro ed escludendo dopo pochi minuti la madre dalla stanza di terapia. Cristian soffre molto dell’assenza di rapporto con il padre, nonostante ciò gli riconosce dei pregi e dal silenzio legge un legame di grande affetto, intuendo con la sua grande sensibilità il legame tra le difficoltà paterne e il rapporto con le figure di riferimento; entrambi però, su mia sollecitazione, dichiarano quanto la madre sia esageratamente attenta nei loro confronti e quanto sia utile averla invitata ad uscire dalla stanza di terapia…conduco l’incontro favorendo l’esplicitazione dei blocchi comunicativi e relazionali, dei vissuti sottostanti e dei bisogni di Cristian, che in realtà sono anche i bisogni di Bruno. Stabiliamo una strategia per il raggiungimento degli obiettivi espressi e desunti dalla rilettura di ciò che è emerso ed affido un compito settimanale a padre e figlio; nella fase conclusiva della seduta coinvolgo Maria esplicitandole gli intenti e invitandola a evitare di supervisionare e attuare azioni per favorirne la buona riuscita. Dichiarandomi disponibile a qualsiasi eventuale richiesta futura li congedo, accogliendo il loro bisogno di autonomia, con l’unico impegno di un feedback telefonico a distanza di un mese. Il risultato è stato sorprendente nel ritorno di informazioni a 30 giorni e successivamente dopo circa 3 mesi, considerando che padre e figlio non desideravano un aiuto esterno e non avrebbero aderito ad acquisire una nuova esperienza in un percorso più strutturato e mirato anche al raggiungimento di risultati al momento non richiesti…

Purtroppo non tutti hanno le risorse per un lavoro così breve o un efficacia tanto determinante, ma nella prassi psicoterapeutica più ortodossa, se non avessi potuto contare sulla mia personale esperienza professionale ed intuito nel rileggere i loro bisogni profondi e le resistenze attivate, avrei rischiato di convocarli in un percorso più strutturato e duraturo, destinato a naufragare da subito e consegnando a questa bella famiglia semplicemente un pugno di mosche.

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